Il rasoio sbagliato dell'ambasciatore

2021-11-18 03:42:30 By : Mr. Kenny Deng

Se almeno di tanto in tanto Sergio Romano frequentasse gli ambienti cattolici, saprebbe che i missionari sono tra le persone ritenute più aperte al dialogo, capaci di valorizzare le differenze, disponibili ad incontrare e anche ad amare coloro che - per geografia, cultura e religione - è letteralmente l'esatto opposto. Ho scritto "Circoli cattolici", ma temo di aver peccato di default. Poiché è trasversale e rimane diffusa la stima per le donne e gli uomini, che ancora oggi, anche se molto meno che in passato, lasciano e, in nome del Vangelo, consacrano letteralmente la loro vita al servizio di Dio e degli ultimi.

In Amazzonia come nel cuore dell'Africa, nelle fitte foreste e nelle baraccopoli desolate delle periferie urbane. Se l'ex ambasciatore, insomma, avesse conosciuto i missionari (un po' più da vicino di quanto appare da quanto dice nell'intervista pubblicata nei giorni scorsi su un quotidiano che rifugge solitamente da giudizi sommari e ingiusti, 'Il Riformista'), non avrebbe commesso un errore incomprensibile. Romano, infatti, dopo aver ricordato che i talebani sono 'missionari' - e qui le sue citazioni o quelle che lo hanno intervistato fanno letteralmente la differenza! - conclude con un rasoio: "Ragionare con i missionari (senza virgolette) non è mai facile, ea volte è addirittura inutile".

Ora: paragonare i talebani dell'Afghanistan ai missionari cristiani è forse un'operazione giornalisticamente conveniente, perché semplifica una realtà complessa, ma che nasconde conseguenze pericolose. Come leggiamo nel ben documentato 'Osama ei suoi fratelli. Atlante mondiale dell'Islam politico 'di Camille Eid (pubblicato da PIMedit nel 2001, poco dopo la tragedia dell'11 settembre),' il 'Movimento talebano islamico dell'Afghanistan' è composto principalmente da studenti di teologia islamica ('talebano' è appunto il plurale farsi di 'taleb' che significa studente) di etnia pashtun nelle scuole coraniche del Pakistan". In altre parole, la traduzione più corretta di 'talebano' sarebbe 'seminaristi' (non 'missionari'). Ma questi sono dettagli .

Più grave è la tacita equivalenza che Romano stabilisce, cosciente o meno, tra la missione cristiana e la da'wa islamica. È vero che entrambi i concetti si riferiscono all'annuncio (nel primo caso evangelico, nel secondo dell'Islam), ma sia i contenuti che il metodo dei due sono abissalmente diversi. Tanto i seguaci di Cristo si spendono ai confini del mondo in modo pacifico, al punto disarmati da diventare essi stessi, a volte, martiri, tanto i talebani usano la violenza, verbale e fisica, come strumento principale per l'affermazione delle loro credenze. A tal proposito va ricordato che l'esordio sulla scena mondiale dei talebani (termine che, non a caso nella vulgata quotidiana, ha assunto il significato di intransigente, in senso totalmente negativo) risale al 24 giugno 1994. : quel giorno gli 'studenti' lasciarono le loro madrasse (scuole), attraversando il confine con l'Afghanistan, avvalendosi di una fatwa che autorizzava il jihad contro la corruzione e il vizio dei mujaheddin. Un anno dopo faranno il loro ingresso trionfale a Kabul dove impiccheranno il presidente destituito Mohammad Najibullah e imporranno il loro famigerato 'ordine' alla popolazione.

Nei secoli passati alcuni missionari cristiani si sono macchiati di eurocentrismo e razzismo, mostrando non solo una grave incapacità di dialogo ma anche un sentimento totalmente ingiustificato (figlio del tempo) della pretesa superiorità dell'uomo bianco. E, tuttavia, oggi possiamo affermare, senza timore di smentite, che anche nel passato esistono brillanti esempi di missionari con cui i contemporanei hanno saputo ragionare (due nomi su tutti, anche se l'elenco sarebbe lungo: il domenicano Bartolomé de Las Casas e il gesuita Matteo Ricci). È anche grazie alla loro testimonianza che gradualmente la missione cristiana, soprattutto dopo il Vaticano II, si è purificata dai peccati del passato, aprendosi al mondo, ai popoli, alle culture, al 'diverso'. In una parola: al soffio dello Spirito.

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