"Benessere animale": quando lo spot straparla - Il richiamo della Foresta - Blog - Repubblica.it

2021-11-09 09:48:46 By : Ms. Viky Wong

 "E' quello della Lola!" Esclama una bambina con un baffo di latte appena bevuto a conclusione del più recente spot dell'azienda Granarolo, suggerendo così un rapporto diretto e affettuoso con l'animale da cui è stata tratta la bevanda. Nel medesimo filmato pubblicitario, cui l'azienda spiega in di oltre 70mila capi Italia, allevatori garbati asseriscono: "Noi pensiamo al loro benessere", "Le mucche vanno trattate con rispetto e passione", "E' grazie a loro se il latte è così buono". In un altro, suggestivo spot, la stessa azienda afferma: "Qui siamo tutti amici: uomini, animali... insieme abbiamo realizzato sogni."

Quali? Non quelli della Lo, un numero appunto su decine di migliaia, che condivide, la sorte di quasi tutte le mucche da latte separate dai propri vitellini, fornitrici per pochi grazie a implacabili mungitrici, infine uccise al mattatoio. Dove, da tempo, Granarolo certo investa nella certificazione delle stalle e in una comunicazione puntuale sui propri parametri di qualità e sostenibilità.

Ora, questa campagna si adatta in un filone sempre più nutrito che punta sulla nuova e sempre maggiore sensibilità civica nei confronti dell'ambiente e delle altre specie. Capita dunque che aziende dedicano al commercio di carne o derivati ​​​​decidano di pubblicizzare i propri prodotti vantando il presunto buon trattamento riservato agli animali. La tentazione nasce magari da piccoli, apprezzabili passi nella direzione di rendere la vita di queste sventurate creature un po' meno infernale, ciò non toglie che di qui a promuovere il proprio operato come benefico o amichevole nei confronti delle medesime corre un abisso.

Risulta addirittura inquietante, in tal senso, l'ultimo spot della Coop. Quello in cui "tutti si è se il pesce è fresco" e s'inquadrano in un mare perfettamente blu alcuni gabbioni sommersi dove ai pesci, uno sull'altro, si dibattono invisibili all'ingrasso prima della macellazione (qualcosa di inimmaginabilmente feroce ). E poi appare una scritta: "La nostra salute dipende anche dal benessere degli animali". Quale benessere?

Replicano da Coop: " La nostra campagna è volta a migliorare le condizioni di vita degli animali allevati ea diminuire fino a azzerare l'uso di negli allevamenti. Il pesce fresco a marchio Coop non fa differenza. In questa fase sono coinvolti nella campagna che è molto impegnativa e va avanti per step progressivi 11 fornitori, 11 stabilimenti di lavorazione, 135 impianti di acquacoltura e 20 mangimifici stiamo parlando di impianti di grandi dimensioni prevalentemente in Italia ea minore profondità dove i pesci hanno più spazio per nuotare e sviluppo la muscolatura. particolare i pesci d'acqua salata vivono in mare aperto in spazi certo delimitati ma ben più ampi degli standard. senza coloranti artificiali, senza ingredienti da animali terrestri e il divieto di utilizzo di anabolizzanti, ormoni naturali e di sintesi, i trattamenti veterinari rido tti al minimo indispensabile e il non uso di antibiotici negli ultimi sei mesi di vita."

Ma come puntualizza CIWF-Compassion in World Farming: "La mancanza di residui farmacologici vale per qualsiasi tipo di carne in commercio, in quanto per legge, dopo la somministrazione degli antibiotici, bisogna seguire di sospensione dei trattamenti prima di essere macellati. Pertanto, in tal senso, non è necessario comprare carne antibiotic free. Ma non è affatto garantito che gli animali siano più sani, anzi, a meno che non sia chiaramente indicato in, è possibile che nessun miglioramento circa il benessere animale sia connesso all'antibiotic free. Addirittura può darsi che, soprattutto nel caso di bovini e suini, si provi a ritardare le cure tenere per il capo all'interno di una filiera che rende di più, perché più costosa al consumatore. Anzi, nella maggior parte dei, in sistemi di allevamento in cui non c'è stato nessun miglioramento delle condizioni di benessere degli animali, per compensare il mancato uso di casi viene fatto un uso massicci o di altri farmaci."

Nella pagina Alleviamo la salute, il nostro impegno per il benessere animale non è solo sulla carta, Coop lancia un'altra campagna che è stato oggetto di forti critiche dagli ambienti animalisti: da aprile 2019 fino al termine dell'anno circa 750.000 pulcini maschi non verranno soppressi alla nascita ma allevati. Per cosa? Per diventare polli da carne. Non saranno quindi tritati vivi da pulcini, ma eventualmente decapitati dopo alcune settimane di vita in allevamento.

"Salviamo il pulcino maschio è la nuova tappa di Coop e del suo impegno per il benessere animale. E' un progetto annunciato e in progress E' evidente che anche in questo caso il pulcino alla fine del ciclo vada incontro alla soppressione una volta diventato adulto Vorremmo ricordare le progressive conquiste che vanno dal non vendere più foie gras né tenere crostacei sul ghiaccio al commerciare solo uova allevate a terra, inoltre a marchio Coop non vi sono più indumenti con piume d'oca né cosmetici testati su animali."

D'accordo, ma proprio per questo ci si aspettano nuovi, concreti passi in avanti, e non offerte speciali sulla carne di agnello in periodo di Pasqua o altri antipatici scivoloni.

Altrimenti si ripiomba nel pessimo gusto di spot come quello del latte Soresina, in cui si suggerisce che le povere mucche facciano "doccia e massaggio per rilassarsi", fino all'inquadratura di una frisona inserita fra spazzole ruotanti in stile autolavaggio.

Benessere animale ha un significato preciso, non si dovrebbe usare con tanta disinvoltura. Sarebbe forse giusto studiare una formula pudica, tipo "facciamo del nostro meglio per rendere più accettabile", cosa poi tutta da godere. Ma in certi casi, care aziende, sentir parlare di benessere, amicizia o rispetto suona davvero fuori luogo.

Tag: allevamenti, animale animale, Coop, Granarolo, latte, mucche, pesci, sfruttamento animale, Soresina Scritto in Senza categoria | 8 Commenti »

Pesci ed erbivori in natura vivono pochi anni e, per la maggior parte, diciamo3 su 4 o più, vengono uccisi nei primi anni di vita da batteri o virus o sbranati dai carnivori (tutte e tre morti molto ma molto dolorose); tanto per essere chiari una coppia di erbivori fa un buon numero di parti, tutti multipli ma solo un paio di figli in media arriva a riprodursi. Negli allevamenti ben gestiti, polli all'aperto, bovini che vanno al pascolo, pesci in gabbie ampie e simili fanno una vita tranquilla, vengono mantenuti sani e vengono abbattuti in modo rapido e indolore.

L'uso del termine "Benessere animale" con immagini di animali, rispettati e coccolati, da parte del mercato alimentare felici... come se gli schiavisti ci tenuto a sottolineare quanto amavano e rispettavano i loro schiavi.

"fanno una vita tranquilla, vengono mantenuti sani e vengono abbattuti in modo rapido e indolore"

Non occorre fare commenti su una asserzione tanto stupida.

le capre vivono in media dai 15 ai 18 anni , meno di rramella ma non sono ignoranti come lui . per cui mi chiedo , affranto e sommesso , dove cavolo ha trovato le statistiche di cui straparla? sul manuale delle giovani marmotte , presumo ...

Facciamo l'esperimento, mettiamo rramella al posto di questi animali così vediamo come vive felice!

Grazie Signora.ra D'Amico per aver messo nero su bianco l'ipocrisia dolciastra dell'industria alimentare. Non che non ce fossimo già accorti, ma è sempre utile che ne parli una firma gioralistica. Poi si può decidere o meno di non mangiare più animali , ma questo nuovo trend nella pubblicità dell'industria della carne è veramente vomitevole per buonismo mieloso. Ci prendiamo proprio per deficienti.

Se non si comprende come la visione prevalente sul "benessere" animale sia funzionale all'industria della carne non si va molto lontano. La scienza del "benessere" animale non potrà mai ottenere un vero miglioramento delle condizioni di vita dei non umani se non si rende indipendente dagli interessi dell'industria agro-alimentare, volta a lo status quo e l'acritica posizione di dominio dell' umano su tutta la natura per giustificarne lo sfruttamento. La verità che emerge dalle ricerche sulle emozioni degli animali da allevamento è molto scomoda "poiché fa da ostacolo ai sistemi agro-alimentari altamente redditizi e alle nostre abitudini personali". Consiglio la lettura di Marc Bekoff e Jessica Pierce, "Qualcuno lo chiama benessere": veramente illuminante!

Complimenti per la galleria dell'ipocrisia. Ci sono molti altri spot ma certamente questi sono i più trasmessi e soprattutto arrivano da aziende potenti che non possono permettersi di fare passi falsi quindi hanno imparato il "linguaggio animalista" benissimo. La COOP merita la medaglia d'oro: è imbattibile a raccontare la favola bella del benessere animale. Pure io consiglio la lettura del libro di Marc Bekoff e Jessica Pierce, "Qualcuno lo chiama benessere", peraltro a scatola chiusa perché non l'ho ancora letto ma solo ordinato. Il titolo promette bene.

Indirizzo mail (non sarà pubblicato) (obbligatorio)